Un muro di contenimento creato tra fondi posti a livelli diversi si considera come costruzione?
Nel contesto dei muri di cinta, se l'altezza dei terreni confinanti è stata artificiosamente modificata per creare un dislivello inesistente precedentemente, il muro di cinta non solo funge da delimitatore tra le proprietà, ma assume anche il ruolo di sostegno e contenimento del terrapieno creato. Di conseguenza, viene trattato come una costruzione ai fini delle distanze legali

Due proprietari di case confinanti con giardino annesso intentano una causa legale contro i vicini per presunta violazione delle distanze legali. Le abitazioni sono situate su un declivio naturale, con le case dei convenuti posizionate ad un livello più alto rispetto a quelle degli attori. I convenuti hanno eretto un muro che, sebbene dovesse funzionare come confine, in realtà nasconde una costruzione, essendo stato creato per contenere un terrapieno artificiale. Questo ha portato gli attori a contestare la situazione sostenendo che siano state introdotte servitù di veduta e di scolo di acque meteoriche, a causa delle aperture nel muro per lo scarico delle acque. Gli attori richiedono la rimozione e il ripristino dello stato originale dei luoghi, oltre al risarcimento del danno subito. I convenuti sostengono che il muro in questione non costituisca una costruzione e che uno degli attori abbia dato il proprio consenso altrimenti, chiedendo a loro volta un risarcimento per la presunta revoca ingiustificata del consenso.
La decisione di primo grado ha accolto la richiesta degli attori, condannando i convenuti a demolire il muro o spostarlo rispettando le distanze legali. Riguardo al consenso prestato, si è ritenuto che fosse limitato all'altezza del muro di confine e non all'aggiunta di materiale da riporto. In appello, i convenuti sono stati condannati al pagamento di una somma di 16.000 euro, più ulteriori sanzioni per eventuali futuri mancati adempimenti, insieme alle spese legali di entrambi i gradi di giudizio.
Il caso è giunto alla Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha accolto le critiche dei ricorrenti riguardo alla determinazione del danno e all'applicazione dell'art. 614-bis c.p.c., che prevede sanzioni per inadempienze successive. Viene detto che il danno derivante dalla violazione del diritto di proprietà deve essere risarcito, e la taratura economica di tale danno deve tener conto della perdita subita dal proprietario a causa dell'illecita vicinanza della costruzione.
In riferimento alla qualificazione del muro come costruzione e la necessità di rispettare le distanze legali, la Corte ritiene che il muro di contenimento di un terrapieno artificiale debba essere considerato una costruzione e soggetto alle regole di distanza stabilite. Questo perché, secondo la giurisprudenza, un muro di supporto di un terrapieno equivale a una costruzione richiedente il rispetto delle distanze legali, confermando le decisioni precedenti.
In conclusione, la Cassazione ha accolto la critica riguardante il riconoscimento del danno, annullando la decisione e rinviando il caso alla Corte d'Appello per una nuova valutazione, inclusa la questione delle spese legali di legittimità.