Per una condanna basta il mero accesso ai luoghi interdetti

Irrilevante, invece, il dato relativo ad un effettivo e prolungato stazionamento

Per una condanna basta il mero accesso ai luoghi interdetti

In materia di ‘DASPO’ urbano, basta il mero accesso ai luoghi interdetti, indipendente da un prolungato stazionamento, per la condanna. Questo il principio fissato dai giudici (sentenza numero 41240 dell’11 novembre 2024 della Cassazione), che hanno reso definitiva la sanzione – quattro mesi di arresto – adottata nei confronti di un parcheggiatore abusivo. Prima di esaminare la specifica vicenda, viene ricordato che, normativa alla mano, l’esercizio dell’attività abusiva di parcheggiatore può comportare l’ordine di allontanamento del trasgressore e, in caso di reiterazione delle condotte vietate, il divieto di accesso ad aree urbane da parte del Questore, che, qualora dalla condotta sanzionata possa derivare pericolo per la sicurezza, può disporre, con provvedimento motivato, per un periodo non superiore a dodici mesi, il divieto di accesso ad una o più delle aree, espressamente specificate, individuando, altresì, modalità applicative del divieto compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario dell’atto. Analizzando il caso specifico, il parcheggiatore abusivo era stato destinatario del provvedimento di ‘DASPO’ urbano adottato dal Questore, con cui gli si vietava di accedere e stazionare in una specifica piazza e in tre differenti vie nonché in tutte le aree dedicate specificatamente al trasporto pubblico locale. Ciò nonostante, l’uomo è stato sorpreso in una strada il cui accesso gli era interdetto. Nessun dubbio per i giudici: egli ha violato le prescrizioni del ‘DASPO’ urbano. Respinta la linea difensiva, poiché la normativa non richiede anche lo stazionamento del soggetto, essendo irrilevante, quindi, che l’uomo stesse meramente transitando. Ad essere punito, difatti, è il mero accesso ai luoghi interdetti.

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