Pagare per evitare lo sfratto: quando non vale come riconoscimento di debito
In materia di ricognizione di debito, la Suprema Corte ha specificato che è escluso l'effetto ricognitivo se difetta la volontà di riconoscere l'esistenza e l’entità dei debiti.

La proprietaria di un immobile dato in affitto a una società in accomandita semplice (s.n.c.) ha ottenuto un decreto ingiuntivo contro la conduttrice per il pagamento del canone e dei costi accessori. La società in debito ha contestato la richiesta, sostenendo di aver già saldato l'importo indicato nel decreto. L'obiezione è stata accolta poiché non c'era più alcun debito nei confronti della società, dato che erano stati effettuati pagamenti in eccesso da parte sua. Tuttavia, in appello, la conduttrice è stata condannata a versare ulteriori somme alla proprietaria e le spese legali sono state ripartite in modo parziale, con 4/5 a carico della conduttrice e il restante importo a carico della proprietaria. La causa è giunta in Cassazione.
La ricorrente ha contestato la decisione della Corte d'Appello che non ha riconosciuto come debito i pagamenti effettuati dal conduttore alla locatrice dopo la notifica di due sfratti per morosità. La Suprema Corte ha respinto questa contestazione.
La giurisprudenza stabilisce che il riconoscimento del debito non richiede formule specifiche, ma può derivare da qualsiasi atto che implichi chiaramente l'ammissione del diritto dell'altra parte. Nel caso specifico, la Corte d'appello ha correttamente valutato che i pagamenti del conduttore non avevano lo scopo di riconoscere il debito esistente, ma di evitare lo sfratto. Inoltre, la Corte ha stabilito che la società conduttrice avrebbe dovuto versare ancora determinati canoni ed oneri.
La ricorrente ha anche contestato la ripartizione parziale delle spese, ma tale obiezione è stata respinta. La decisione di compensare parzialmente le spese si basava sulla reciproca soccombenza nel processo, dove l'accoglimento parziale di una domanda non costituisce necessariamente una soccombenza reciproca.
In definitiva, il ricorso della società conduttrice è stato respinto e la ricorrente è stata condannata a pagare le spese processuali e un contributo aggiuntivo come stabilito dalla Suprema Corte.