Offende gli agenti di polizia durante una diretta Instagram: scatta il reato di oltraggio a pubblico ufficiale

Si potrebbe configurare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale anche in presenza di persone che hanno udito le offese indirizzate, ad esempio, ad agenti di polizia, che siano presenti solo in modo virtuale

Offende gli agenti di polizia durante una diretta Instagram: scatta il reato di oltraggio a pubblico ufficiale

A gennaio 2021, un uomo ha insultato pesantemente alcuni agenti di polizia in una diretta su Instagram, seguita da almeno trentacinque persone. Questo ha portato a un procedimento legale in cui l'individuo è stato accusato di oltraggio a pubblico ufficiale. Tuttavia, in prima istanza è stato assolto poiché i giudici hanno interpretato che la presenza di più persone doveva essere fisica e non virtuale. Sebbene l'individuo abbia oltraggiato gli agenti di polizia, poiché non c'erano prove fisiche che altre persone fossero presenti quando sono stati pronunciati gli insulti, il reato non è stato riconosciuto.

La Procura ha dissentito da questa interpretazione, sostenendo che il concetto di "più persone" potrebbe includere anche la presenza virtuale tramite mezzi audio e video che consentono a terzi di percepire gli insulti rivolti ai pubblici ufficiali. Di conseguenza, la Procura ha presentato ricorso per cassazione. La Corte Suprema ha stabilito che l'obiezione della Procura era giustificata.

Nel contesto di oltraggio a pubblico ufficiale, il requisito della presenza di più persone non deve essere limitato alla presenza fisica, ma può estendersi anche alla presenza virtuale. Questo principio è essenziale per distinguere il reato di diffamazione dall'ingiuria civile, in cui la presenza della persona offesa è determinante. I giudici della Cassazione hanno ribadito che questo principio si applica anche al reato di oltraggio, il quale richiede la presenza di più persone. Nell'analizzare il caso in questione, i giudici hanno concluso che il reato di oltraggio a pubblico ufficiale si era configurato durante la diretta su Instagram seguita da quarantaquattro persone, che avevano percepito in tempo reale gli insulti ai pubblici ufficiali (Cas. n. 38772 del 22 ottobre 2024).

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