Licenziamento a sorpresa: tutela reintegratoria anche se l’azienda ha meno di quindici dipendenti
I giudici annotano che l’avere proceduto ad irrogare il recesso in assenza di una coerente e specifica fattispecie accusatoria, al di fuori delle regole procedimentali previste per legge, priva il lavoratore di strumenti di difesa essenziali

Nessuna validità per il licenziamento disciplinare a sorpresa, cioè mai preceduto da alcuna contestazione nei confronti del lavoratore. E questo principio (sentenza del 12 ottobre 2024 del Tribunale di Roma) vale anche se l’impresa datrice di lavoro ha meno di quindici dipendenti. Il recesso è stato intimato per giusta causa, ma senza previa contestazione, osservano i giudici, e, inoltre, esso è stato intimato con la seguente motivazione: “le comunichiamo che il suo comportamento insubordinato, con abbandono del posto di lavoro, costituisce inosservanza ai doveri inerenti il suo rapporto lavorativo”. Ancora più nello specifico, la società attribuisce al lavoratore un comportamento di aggressione e plurime molestie nei confronti di alcune colleghe e gli imputa anche di essersi allontanato dal luogo di lavoro dopo il rifiuto delle donne molestate. A fronte di tale quadro, vengono in rilievo, da un lato, - sotto il profilo formale – la mancanza assoluta di contestazione, e, dall’altro, la violazione del principio della immutabilità dei motivi del recesso. Difatti, sebbene il recesso contenga una motivazione, per quanto generica, in giudizio la parte datoriale ha poi contestato al lavoratore fatti diversi. L’avere proceduto ad irrogare il recesso in assenza di una coerente e specifica fattispecie accusatoria, al di fuori delle regole procedimentali previste per legge, priva il lavoratore di strumenti di difesa essenziali, osservano i giudici, poiché il radicale difetto di contestazione dell’infrazione determina l’inesistenza dell’intero procedimento, e non solo l’inosservanza delle norme che lo disciplinano, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria per insussistenza del fatto. E la previsione normativa, che parla di fatto contestato, è indicativa della necessità che il fatto, la cui sussistenza o insussistenza deve essere accertata in giudizio, sia delineato nei suoi esatti termini e contorni in sede di contestazione. Ciò risulta coerente anche con la esigenza di riconoscere idonee garanzie di difesa al lavoratore in sede di giustificazioni, essendo evidente che il fatto da provare da parte del datore di lavoro risenta anche delle giustificazioni fornite dal dipendente, giustificazioni che, ove esaustive e dirimenti, potrebbero indurre il datore anche a desistere dal proseguire nel procedimento disciplinare ed a non irrogare la sanzione espulsiva rispetto alla quale la contestazione dell’addebito era funzionale. Tornando alla vicenda oggetto del processo, però, va tenuto presente che la società datrice di lavoro rientra tra le imprese con meno di quindici dipendenti. Ma questo dettaglio non mette in dubbio, secondo i giudici, la tutela reintegratoria in favore del lavoratore. Ciò perché il licenziamento è palesemente illegittimo per mancanza assoluta di contestazione, che priva il lavoratore degli strumenti di difesa essenziali davanti alle accuse di parte datoriale, e poiché si tratta non di una semplice deviazione formale dallo schema del procedimento disciplinare, ma di una vera e propria ipotesi di nullità, va applicata la tutela reintegratoria piena, concludono i giudici, anche se il datore di lavoro impiega meno di quindici dipendenti.