Coppia disgregata e disagio per il figlio: niente sospensione per la moglie che denigra il marito

Non sono state mai rilevate da parte della donna esplicite e dirette espressioni volte a sminuire o squalificare l’uomo di fronte ai minori

Coppia disgregata e disagio per il figlio: niente sospensione per la moglie che denigra il marito

Per sancire la sospensione della responsabilità genitoriale è necessario che la condotta del genitore, sebbene non così grave da dar luogo ad una pronuncia di decadenza, appaia comunque pregiudizievole per il figlio. E, ragionando in questa ottica, quindi, non è sufficiente il mero disagio psicologico del minore derivante dalla disgregazione della coppia di genitori, in assenza di accertate carenze nell’espressione delle capacità genitoriali. Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 24710 del 16 settembre 2024 della Cassazione), i quali hanno dato ragione le obiezioni sollevate da una donna a fronte del decreto con cui era stata disposta la sua sospensione dalla responsabilità genitoriale. Censurate dai giudici di Cassazione le valutazioni compiute dai giudici d’Appello, i quali hanno definito inadeguate alcune condotte poste in essere dalla donna le hanno ritenute costituenti fonte di pregiudizio per i minori: nello specifico, il riferimento è a condotte disfunzionali della donna e alla segnalazione, da parte dei ‘Servizi sociali’, di ingerenze e comportamenti della donna che avevano creato situazioni di tensione. Ma in Appello, quando si è trattato di riempire di sostanza e di contenuto tali condotte disfunzionali, ci si è limitati a fare un generico riferimento a comunicazioni denigratorie della donna nei confronti del marito, senza descrivere ulteriormente tali condotte e senza indicare fatti o episodi specifici, omettendo perfino di circostanziare gli episodi oggetto delle denunce dalle quali è originato il procedimento. Peraltro, non è stato tenuto presente, osservano i giudici di Cassazione, un dato rilevante, ossia che la donna ha buone competenze genitoriali. In particolare, rispetto ad ogni figlio riesce adeguatamente a riconoscere aspetti evolutivi propri di ogni età, leggendone bisogni e aspettative, e risulta competente nell’affrontare argomenti a carattere riflessivo ed educativo che riguardano la vita dei minori, e, ancora, risulta essere competente nella misura in cui riesce a scindere l’aspetto genitoriale dalla vicenda separativa della coppia. Inoltre, non sono stati osservati comportamenti della donna tali da potersi considerare irrispettosi, squalificanti, offensivi, violenti, dal punto di vista fisico o verbale o psicologico verso i minori. E non sono state mai rilevate da parte della madre esplicite e dirette espressioni volte a sminuire o squalificare il padre di fronte ai minori. Poi, il disagio psicologico vissuto dai figli a seguito della disgregazione della coppia genitoriale, della incertezza e della scarsa prevedibilità del contesto ambientale e del permanere di una certa animosità della madre, anche per i suoi limiti caratteriali, nei confronti del padre dei bambini, manifestatasi attraverso comunicazioni denigratorie, non presenta la consistenza del pregiudizio legittimante la pronuncia della sospensione della responsabilità genitoriale della donna, in mancanza di accertate carenze d’espressione delle capacità genitoriali, e considerando altresì il profilo afferente alle conseguenze sui minori della adottata pronuncia di sospensione in un periodo così delicato per il loro sviluppo psico-fisico nella fase adolescenziale. In sostanza, i giudici d’Appello hanno considerato le asprezze caratteriali della donna in senso fortemente stigmatizzante, come espressione di un’incapacità di esprimere le capacità genitoriali nei confronti dei figli, pur in mancanza di condotte di oggettiva trascuratezza o incuria, mentre non hanno tenuto conto delle evidenziate sue buone competenze genitoriali, anche sotto il profilo del supporto emotivo, unite alla sua capacità di interpretare e dare una risposta ai bisogni e alle aspettative dei figli.

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