Casa familiare in comproprietà: il coniuge può usucapire la quota dell’altro coniuge andato via
Accolta l’istanza avanzata da un uomo. Egli ha proseguito per anni la gestione continuativa e pacifica dell’immobile dopo l’abbandono del tetto coniugale da parte della oramai ex moglie

Via libera all’usucapione dell’immobile, adibito a casa coniugale durante il matrimonio, se l’altro coniuge lo ha abbandonato ormai da tempo. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza del 9 gennaio 2025 del Tribunale di Taranto), i quali hanno accolto l’istanza avanzata da un uomo. Decisivo che quest’ultimo abbia proseguito per anni la gestione continuativa e pacifica dell’immobile dopo l’abbandono del tetto coniugale da parte della oramai ex moglie. Fondamentali i dettagli della vicenda. Nello specifico, l’uomo spiega di aver acquistato, a metà anni ’70, l'appartamento – incluso nella comunione legale dei beni con l’allora moglie – adibito a residenza familiare. Questa situazione ha retto però sino all'avvenuta separazione dei coniugi, pronunciata alla fine del 1984, anche se concretizzatasi, di fatto, già a partire dal 1982, con l'abbandono del tetto coniugale da parte della moglie, cui ha fatto poi seguito il divorzio pronunciato nel 1990. Ciò detto, l’uomo sostiene di possedere uti dominus ed in modo ininterrotto e pacifico, da quarant'anni, l'unità immobiliare, peraltro adibita da lui a residenza del suo nuovo nucleo familiare instaurato con un’altra donna – poi divenuta la sua seconda moglie – già a partire dal 1987, e perciò chiede venga accertata l'intervenuta usucapione in suo favore della quota di comproprietà appartenente all’ex moglie del cespite immobiliare. In premessa, i giudici ricordano che nella proprietà indivisa, caratterizzata dal compossesso della cosa comune esteso indistintamente ad ogni porzione di essa, per usucapire la quota dell'altro comunista è necessario che il richiedente usucapione dimostri di aver posseduto uti dominus l'intero bene e, a tal fine, risulta necessaria la manifestazione del dominio esclusivo sulla res communis da parte del soggetto attraverso un'attività durevole, apertamente contrastante ed inoppugnatamente incompatibile con il possesso altrui (Cass.07/19478; Cass.23/30765). Ebbene, nella specifica vicenda, il pacifico ed ininterrotto esercizio da parte dell’uomo di attività corrispondenti a facoltà dominicali sull'intero appartamento, incompatibili con il godimento altrui, e tali da evidenziare una inequivoca volontà di possedere l’immobile come proprietario esclusivo, trova univoco suffragio nelle vicende fattuali che fanno da sfondo al venir meno dell'unione matrimoniale con l’allora moglie, allontanatasi dal domicilio coniugale agli inizi del 1982 senza farvi ritorno, e nella condotta univoca tenuta dall’uomo, il quale ha continuato a godere e disporre dell'immobile provvedendo alla sua gestione onerosa (con l'accollo esclusivo degli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché delle imposte e tasse gravanti sul cespite) ed abitandolo poi con l'attuale moglie.