Basta il gesto mimato da un marito verso la moglie per la condanna
Indiscutibile il maggior disvalore dei maltrattamenti, pur a fronte di un uso anche solo sporadico o, in ipotesi, isolato di un’arma

Legittimo parlare di maltrattamenti in famiglia a fronte della assurda condotta tenuta da un uomo, spintosi a minacciare la moglie con un martello, appoggiato sulla testa della donna. Irrilevante, precisano i giudici (sentenza numero 35859 del 25 settembre 2024 della Cassazione), il fatto che si sia trattato di un episodio isolato. Inutile il richiamo difensivo alle dichiarazioni della persona offesa, la quale, sentita nel corso del dibattimento, ha, in sostanza, smentito di essere stata colpita con un martello e ha precisato, in particolare, di aver aggredito lei stessa il marito, il quale aveva il martello in mano, perché stava eseguendo dei lavori, e glielo aveva mostrato, lo aveva avvicinato e glielo aveva appoggiato sulla testa, proferendo la frase “se non la smetti, ti do una martellata”. Impossibile, secondo i giudici, escludere la sistematicità della condotte maltrattanti tenute dall’uomo ai danni della moglie. Ciò perché è priva di valore l’osservazione difensiva secondo cui l’arma sarebbe stata usata in una sola occasione, essendo palese, difatti, la rilevanza di un uso anche soltanto occasionale dell’arma. I giudici sottolineano, in questa ottica, il maggior disvalore dei maltrattamenti, pur a fronte di un uso anche solo sporadico o, in ipotesi, isolato dell’arma. Allo stesso tempo, è irrilevante la circostanza che con il martello l’uomo non abbia colpito la moglie, dal momento che la tipicità del delitto di maltrattamenti in famiglia non necessariamente deve consistere di lesioni, potendo anche constare di minacce, oltre che di comportamenti vuoi pure penalmente irrilevanti, sempre che atti a determinare uno stato di vessazione nella persona offesa.